20 Aprile 2011
Marini alla Commissione Anticontraffazione:

I rischi di inganni e contraffazione  per l'agroalimentare Made in Italy vengono da più fronti: sul mercato internazionale, ci sono i fenomeni del cosiddetto Italian Sounding attraverso il quale si vendono prodotti che non hanno nulla a che fare dal punto di vista produttivo con il nostro paese; su quello interno c'è l'utilizzo di materie prime straniere per prodotti che vengono venduti sotto marchi italiani a volte con etichette illeggibili come nel caso dell’olio di oliva ed in altri senza etichetta perché non è ancora entrata in vigore la legge che la obbliga per tutti gli alimenti.
Non sempre si tratta di fenomeni illegali ma sono comunque ingannevoli  e vanno scoraggiati e contrastati. Lo ha detto il presidente della Coldiretti Sergio Marini, ascoltato in audizione dalla commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale.
Il presidente della Coldiretti Sergio Marini ha denunciato il caso della società Lactitalia che esporta in Usa e in Europa e produce in Romania formaggi di pecora venduti con marchi che richiamano al Made in Italy come Toscanella, Dolce Vita e Pecorino. Una società di proprietà della Simest, controllata dal Ministero dello Sviluppo Economico, e dei Fratelli Pinna attraverso la Roinvest con sede a Sassari, con amministratori, tra gli altri, Andrea Pinna, che è vicepresidente del Consorzio di Tutela del Pecorino Romano, e Pierluigi Pinna, consigliere dell’organismo di controllo dei formaggi pecorino Roma, Sardo e Fiore Sardo Dop, che dovrebbero promuovere il vero pecorino e combattere la concorrenza sleale e le contraffazioni. Un caso non isolato considerato anche il sostegno dato dalla Simest anche alla Parmacotto che vende negli Usa prodotti stranieri con immagine italiana come il culatello con carne dell’Uruguay.
Marini ha ricordato le azioni svolte dalla confederazione a difesa del Made in Italy  che, ha specificato, non vuol dire italianità dei marchi, ma delle materie prime utilizzate. Difendere l’italianità di Parmalat deve infatti anche significare “latte e agricoltura italiani”, diversamente “l’operazione”  avrebbe  poco di strategico, si rischierebbe di difendere marchi italiani che trasformano e vendono latte straniero e questo non sarebbe per noi condivisibile né come agricoltori né come cittadini.
Marini ha continuato evidenziando l’importanza dell'approvazione da parte del Parlamento della legge sull'etichettatura di origine obbligatoria. Legge che - ha continuato il presidente - non puo' ancora essere applicata in toto per le resistenze da parte della Commissione Europea, ma che potrebbe già in parte essere utilizzata per prevenire alcune forme di inganno, quali il richiamo in etichetta a nomi di regioni o paesaggi italiani che nulla hanno a che vedere col prodotto. Quanto alla questione dell'origine, Marini ha ribadito che su un tema come questo l'Italia dovrebbe essere pronta a rischiare una procedura di infrazione.
Il presidente della Coldiretti ha anche invitato a mettere in grado le autorita' preposte ai controlli di effettuarli nella maniera piu' efficace, ad esempio utilizzando il sistema degli isotopi, come già si fa per alcuni prodotti. Il presidente della Coldiretti ha chiesto di rendere pubbliche le informazioni sulle importazioni di materie prime dall’estero destinate ad essere trasformate in Italia che attualmente sono coperte da segreto d’ufficio. Viene infatti dall’estero - ha concluso Marini - ben un terzo della materia prima utilizzata nei prodotti alimentari realizzati in Italia.
Non e' mancato un accenno agli ogm, rispetto ai quali Marini ha ribadito la contrarietà della confederazione per motivi - ha spiegato - di carattere economico, etico ed ambientale.Durante l'audizione sono intervenuti con domande il presidente della commissione d'inchiesta Giovanni Fava, il vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera Angelo Zucchi, Anna Teresa Formisano (Udc), Filippo Ascierto (Pdl) e Luca Sani (Pd).

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